regia Monica Serra
produzione Micro Fratture Teatro 2012

Immagini di repertorio tratte dal film “TENTACOLI E BURRIDA” di Antonio Solinas
prima proiezione
CINETECA SARDA_Società Umanitaria
Dicembre 2012
selezionato al
- Sardinia film festival - 2013
- Visionaria 21 international film festival - 2013
- Conferenza Nazionale NCP EMN Italia CNR - 2016
riprese Alessandro Pani e Monica Serra
sound design Simon Balestrazzi
editing video Alessandro Pani
booklet design Elisa Marras (Multiforme)
hanno
collaborato alla realizzazione del documentario
Iza
De Fatima Pires
Betania
Dos Santos
Ketevan
Kurashvili
Prisca
Nzeyimana
Lilia
Iris Pérez Orrego
MARINA
quartiere multi-etnico, da 10-15 anni sta subendo una metamorfosi
interessante in questo senso, diversamente dagli altri quartieri
storici di Cagliari, è quello dove maggiormente sono evidenti
segnali concreti della società, che nel suo declino, si apre a nuovi
spazi vitali, in cui il diverso non può che essere un'opportunità
di crescita sociale.
MARINA
che essendo il quartiere del porto, da sempre ha accolto genti
provenienti da altri luoghi, in altri tempi arrivavano dalla Sicilia
e dalla Campania. E ora invece fa lo sforzo di rimescolare gli
elementi, affrontando l'accoglienza di genti provenienti da aree
geografiche svariate con esperienze di vita e religioni diverse che
entrano in relazione tra loro in un'area urbana ristrettissima, in
cui è forte la territorialità e l'appartenenza dei suoi abitanti
rispetto allo spazio fisico.
Il
suono delle voci, i rumori che un ambiente fisico produce, ci
introdurranno all'interno dei vari elementi da esaminare, faccio il
tentativo di accostarli tra loro con l'intento di decifrarne i segni.
L'esperienza attraverso il suono ci permette la percezione del reale.
L'immagine esiste solo perché risvegliata dal suono che essa
produce. Nessuna storia da raccontare, nessun messaggio da dare. Pura
ricerca verso la comprensione.
Cerco
di fermare il tempo su elementi che domani avranno un altro
significato nella storia
dei processi di evoluzione umana.
“Può
far paura una situazione che in qualche modo non riusciamo a
collocare nella nostra memoria, che non possiamo controllare. I
pregiudizi sono tanti “stanno occupando lo spazio di appartenenza,
sono troppi”. Cos'è troppo? Qual'è il limite per definire il
troppo? E' troppo quello che ti spaventa, in qualche modo tu hai
paura di quello che non conosci e se non conosci hai paura perché ci
può essere l'imprevisto, perché non hai codici di comunicazione per
entrare in contatto con quello che non conosci. L'intercultura è
conoscenza, è scambio. Se non c'è questa relazione di condivisione,
di affezione, se non si passa attraverso l'affezione verso l'altro
come persona, è difficile che ci sia una convivenza piena di
significato. Si rimarrà in un quartiere comunque con delle
situazioni multiculturali, molteplici, forse anche troppe, ma troppe
in quanto non c'è relazione, non c'è scambio”.
Non
sapendo da dove partire mi affido ai miei pensieri dettati dalle
suggestioni di 5 anni di vita trascorsi nel quartiere, dalle voci che
la mattina mi hanno svegliato presto e la notte hanno rallentato il
sonno, voci che mantengono la loro forza anche quando non capisci il
significato delle parole che esprimono, parole che penetrano dentro
in quanto suono che riempie vuoti. Ricordo il suono inquietante di
voci urlanti e rabbiose in un'atmosfera tesa, esplosiva. Maghrebini
che litigavano di continuo proprio sotto casa mia, minacciandosi col
vetro delle bottiglie. Osservavo la scena nascosta dietro l'anta
della finestra. Li conoscevo più o meno tutti. Ragazzi giovanissimi
arrivati dal mare coi barconi. Sotto casa mia era un po' come stare
in un possibile girone della morte. Tanti episodi, molti dei quali
sicuramente manifestazioni più rassicuranti di espressione sociale.
E poi Marina dei locali, i turisti e i residenti esasperati per il
troppo chiasso notturno. Un quartiere che proprio per la sua
complessità sociale ha destato in me quella curiosità che mi ha
portato a voler immortalare la vita degli altri con l'intento di
capire meglio il luogo che abito.
E
allora in giro per il quartiere a sentire le opinioni della gente di
marina: autoctoni e stranieri. Conflittualità tra gli uni e gli
altri rispetto alle attività commerciali, quelle vecchie chiudono o
hanno chiuso già da tempo, schiacciate dalla morsa dei grossi centri
commerciali, per lasciare il posto alle nuove attività, per lo più
gestite da stranieri. Marina e in
special modo Via Baylle, era il centro del commercio cittadino. Da
una parte gli adulti fatichiamo ad accettare il nuovo, dall'altra i
bambini, gli adolescenti, frequentano e condividono gli stessi spazi
fisici del quartiere: scuola, oratorio, piazzetta. Questi individui,
a differenza delle generazioni precedenti, vivendo e confrontandosi
sin da piccoli con un contesto sociale multi-etnico, saranno
maggiormente facilitati nel portare avanti più consapevolmente quei
valori rappresentativi della multiculturalità. La comprensione e
l'accettazione della diversità non potranno che essere l'anello
portante della società futura.
Elemento
importante è stata la ricerca condotta col “gruppo delle donne
straniere” rispetto alla condizione di “Immigrato”. Ho colto
sfumature diverse del significato. Fulcro della dialettica è stato
il fenomeno della migrazione di massa ed il punto cruciale è quanto
entrambi, coloro che sono costretti ad emigrare ed il popolo che
accoglie, abbiano avuto possibilità di scelta. E' intorno a questa
scelta negata che si fondono le problematiche della società
multi-etnica, contenitore che ospita molti elementi diversi, piccoli
satelliti che faticano a relazionarsi tra loro. Partendo da un punto
di vista femminile e personale di esperienza, col gruppo delle donne
abbiamo cercato di capire quali considerazioni fosse utile fare.
Quali sono i punti fondamentali da affrontare parlando di buona
accoglienza?
Sento
Marina come un contenitore caotico di elementi, all'interno del quale
fare un po' di ordine nel senso di rallentare il flusso per capire
meglio, approfondire dettagli che nella confusione mi passano veloci.
Faccio lo sforzo di ascoltarli e osservarli per meglio comprendere il
mio contemporaneo. Il flusso è inarrestabile, con cambi di direzione
repentini. Ne afferro un frammento, mi conduce al successivo e via di
seguito, come in una caccia al tesoro, un vortice frenetico che non
porterà a nessuna conclusione. Quasi l' intero quartiere è stato
chiamato a riflettere sul proprio vissuto ed in relazione agli altri,
ciò vuol dire che il documentario ha reso possibile la posa di
ulteriori tasselli nella comprensione di un contesto sociale e
politico.
Monica
Serra
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